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LA COPERTINA


Non sono avvoltoi che volteggiano durante la ripetizione di Brutamato ye ye al Precipizio degli Asteroidi...


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  I protagonisti della Valle - Ivan Guerini

Pubblicato Venerdi 10 Dicembre 2010 alle 05:37 da ARRT


Ivan Guerini al Sasso Remenno fine anni settanta
foto: Jacopo Merizzi
La scheda - Ivan Guerini – il mito - Milano 1954

A Ivan la scoperta, le prime vie, le grandi classiche.
Suoi sono gli occhi che hanno visto e raccontato la Val di Mello al grande pubblico.
Ivan, tra mito e leggenda, entra in Val di Mello nei primi anni settanta. Affitta diverse baite, prima a Cascina Piana poi a Cà Panscer sotto la cascata del Ferro dove abiterà nei mesi estivi fino al 1980. Punto di riferimento per molti ragazzi e ragazze tra le quali Monica che diventerà sua moglie, incomincia ad arrampicare sui massi del fondovalle. Nel 75 sale il Cunicolo Acuto la prima via di più tiri, poi incomincia ad esplorare le grandi pareti.
Scopritore dell’aerlite, suola dall’aderenza superlativa, si trova ad avere sulle placche di granito una marcia in più rispetto ai climber dell’epoca.
Con l’uscita del suo libro “Il gioco arrampicata della Val di Mello, ed. Zanichelli”, prima profetica guida di arrampicata, Ivan se ne và dalla valle.
Arrampicatore di grande intuito, specialista in fessura, camino, pareti verticali e strapiombanti ha probabilmente nell’artificiale il suo punto debole.
Le vie più note: Tunel Diagonale, Cunicolo Acuto, Alba del Nirvana, il Gioco dello scivolo, il Risveglio di Kundalini, il Giardino delle bambine leucemiche, Stella Marina, Oceano Irrazionale, e il Picco Darwin.

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  I protagonisti della Valle

Pubblicato Martedi 7 Dicembre 2010 alle 10:28 da ARRT


Val di Mello 1976
da sinistra, Paolo Masa, Gianni Colombo, Giuseppe Miotti, Giovanni Pirana, Francesco Boffini
foto: Jacopo Merizzi

Siamo nell’estate 1975 in Val di Mello: i prati tenuti ben ordinati e falciati, le baite gremite di donne e bambini, maiali e tacchini scorazzano liberi sul selciato della mulattiera. Le vacche con i pastori, sono al pascolo negli alpeggi in quota; al Torrone, alla Zocca, al Ferro.
A volte, passa quasi per caso qualche raro turista.
Gli alpinisti con grossi zaini e scarponi sono solo di passaggio, diretti al rifugio Allievi o al bivacco Manzi, alcuni di loro alzano lo sguardo sulle grandi pareti del fondovalle.
Ci sono Gervasutti, Cassin, Mauri, Pizzoccolo, Nusdeo, Bonatti, i grandi nomi dell’arrampicata italiana… ma le rocce della Val di Mello non hanno nome e non hanno vetta, sono rocce trasparenti. E se anche avessero materia, sarebbe definita inadatta all’arrampicata: orripilanti placconate di solido granito, compatto, improteggibile e liscio. Non ci sono tacche nette dove appoggiare la punta del rigido scarpone e neppure le condizioni storiche, culturali e tecniche per guardare con occhi diversi questa roccia. Dall’alto poi, arriva quel formidabile richiamo, come un canto delle sirene, distrae: è il fascino delle più importanti vette delle Alpi Centrali, il Badile, il Cengalo, la Sertori, il Picco Luigi Amedeo, perché perdere tempo più in basso?
L’estate del 1975 è la data della scoperta della Val di Mello come area di arrampicata e, come spesso le cose migliori, accade grazie ad un gruppuscolo di giovanissimi metropolitani.
Abbandonate le vesti rigide di un alpinismo stantio e retorico, questi giovani hanno avuto la possibilità di re-inventare l’arrampicata.
Fuori dai canoni istituzionali, fuori dal CAI, dai regolamenti, dalle tecniche acquisite, è nato un nuovo modo di rapportarsi alla roccia e più in generale con la natura.
Oggi questi fortunati cinquantenni ci raccontano la loro avventura complessa e meravigliosa, e purtroppo irripetibile.

In sequenza cronologica o quasi ogni venerdi un "Grande protagonista della Valle"

La redazione


disegno: Michela Fomiatti

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