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LA COPERTINA
Non sono avvoltoi che volteggiano durante la ripetizione di Brutamato ye ye al Precipizio degli Asteroidi...
PUBBLICITA'
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Quali sono le vie più spettacolari della Valle?
Quali i criteri che fanno ritenere una via più affascinante di un’altra?
4, 5, 6 oppure 6a, 6b, 6c... si è discusso fin troppo di difficoltà, di quanto sia più o meno duro un singolo passaggio ma esprimere un semplice ma fondamentale giudizio estetico, ha prodotto sempre un fremito d’angoscia, forse perché si è troppo attenti a non offendere l’incauto apritore o forse semplicemente perché è un giudizio troppo soggettivo; c’è sempre chi preferisce acciuffarsi ad una rigogliosa zolla d’erba che ad un cristallo o chi trova più consono una scala di spit ad una naturale e sorprendente fessura nella roccia…
Su questa traccia “ eticamente corretta”, sono uscite le recenti asettiche pubblicazioni della Val di Mello dove ogni giudizio estetico è stato soppresso.
Se il buon amico Tico era l’inventore della scala di difficoltà binaria: o l’è bel (si passa) e l’è brut (non si passa) a me viene in mente la sintetica valutazione estetica da sempre in uso tra i Sassisti: è una gran figata, è una emerita cagata.
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Quali sono le vie più spettacolari della Valle?
Quali i criteri che fanno ritenere una via più affascinante di un’altra?
4, 5, 6 oppure 6a, 6b, 6c... si è discusso fin troppo di difficoltà, di quanto sia più o meno duro un singolo passaggio ma esprimere un semplice ma fondamentale giudizio estetico, ha prodotto sempre un fremito d’angoscia, forse perché si è troppo attenti a non offendere l’incauto apritore o forse semplicemente perché è un giudizio troppo soggettivo; c’è sempre chi preferisce acciuffarsi ad una rigogliosa zolla d’erba che ad un cristallo o chi trova più consono una scala di spit ad una naturale e sorprendente fessura nella roccia…
Su questa traccia “ eticamente corretta”, sono uscite le recenti asettiche pubblicazioni della Val di Mello dove ogni giudizio estetico è stato soppresso.
Se il buon amico Tico era l’inventore della scala di difficoltà binaria: o l’è bel (si passa) e l’è brut (non si passa) a me viene in mente la sintetica valutazione estetica da sempre in uso tra i Sassisti: è una gran figata, è una emerita cagata.
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Per lungo tempo mi sono arrovellato, su quale triste sorte avesse atteso quel simpatico Buddha in fragile porcellana, che nel 2005 avevamo condotto in vetta al Badile.
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Ci sono persone che sciamano a formare la maggioranza, altre che a questa si mettono in mostra e da essa sono osannate (per incapacità di distinguere tra apparenza e valore) e infine altriche, ai loro occhi, paiono scostanti e arroccati in se stessi, proprio perché preferiscono non essere persone ma individui.
Di Paolo Cucchi sapevo poco, perché quand’ero in Val di Mello era un ragazzino assiepato con la sua tendina negli angoli meno frequentati e con qualche amico faceva le sue prime salite, ancor prima di sognarle.
A parlarmene per primo fu Giuseppe “Popi” Miotti, alpinista ricercatore della storia retica: il suo occhio vede tutto mi disse e con ciò intendeva evidenziare le capacità interpretativa della roccia che va oltre il VII°, rispetto a quelle della nostra generazione.
Lo incontrai la prima volta casualmente un giorno d’estate nei primi anni ’90 in cima al Remenno, mentre stava “buttando giù” dalla normale due fanciulle, tant’è che in quel mentre pensai: che razza di ignorante brutale! perché le maltratta? Di lì a poco, parlando con la meno affannata delle due, mi accorsi che erano invasate dalla bravura di colui che le guidava, una cosa che quel ragazzo disinvolto e geneticamente infastidito dalle banalità esistenziali, certamente non sopportava.
Scese a piedi scalzi e a balzelli da una via che facevo anch’io in passato, con la baldanza che hanno i grandi danzatori. Indossava braghe corte, era privo di materiale ed aveva un fisico asciutto, quando mi riconobbe per rompere il ghiaccio si confidò dicendo: Una volta per eccesso di disinvoltura ho fatto tutto il Sasso a rotoloni e sono finito in ospedale… così pensai: Ecco perché le ha calate in quel modo, per risvegliare in loro la sensazione di una caduta!
Non mi arresi al fatto che aveva il carattere di un educatore scanzonato e così lo maltrattai, come faccio sovente per verificare l’intelligenza di chi non conosco, nonostante ciò, la prese sul ridere al punto da apparire supponente, ci salutammo con qualche altro scambio di vedute e me ne andai sui massi antistanti ad arrampicare con Andrea. Lo vidi che ci scrutava a distanza, certamente dispiaciuto che non avessimo arrampicato assieme.
Nel pomeriggio di quel giorno, lo ritrovai sull’altro lato del Masino, che corricchiava assieme al suo ironico compagno Daniele Pigoni, quando il sole era girato e l’ombra trasforma le valli a sud e a nord in sudovest. Ci restituì le chiavi dell’automobile fuoriuscite da una tasca bucata di Andrea, che aveva trovato mentre correva: Gli dissi per ringraziarlo: Ma se avevi detto che non ti allenavi? mi rispose: I.G, lo sai che sei veramente un rompicoglioni! e se ne andò trotterellando anatemi scherzosi. Così dobbiamo proprio a quella sua risposta il titolo che ispira l’apertura delle interviste di questo sito.
Un incontro casuale non è un fatto scontato, come una calda e salda parete sud o fredda e friabile nord, ma è un fatto prezioso e illuminato di rado proprio come una parete sudovest.
Paolo Cucchi è un individuo eclettico e dannato, perché arso dal fuoco della passione di salita che, solo a livelli alti d’intensità scaglia dall’Empireo agli Inferi nell’ambito d’un percorso qualsiasi,è un talento che esprime sia savio che ebbro di apici raggiunti, quelli che alla maggioranza inerte non è dato percepire, convinta del fatto che infondo “proviamo tutti le stesse cose” e di sicuro ad essa non risulta empatico perché lo dovrebbe ricambiare con doni che non dipendono dalla capacità di superare difficoltà, ma soprattutto dalla capacità di esprimersi.
Così un giorno, baciato nell’intuito dal “dio effimero” della delicatezza, scoprì un itinerario che sfiora la Frana di Sasso Bisòlo, trovando su quell’austera lavagna osservata da ripidissime abetaie, un itinerario chiamato “Catto-alcolisti”, che si rivelò la “Luna nascente su placca” che avrebbe potuto essere l’emblema estetico di Boscacci.
Pensai: Perché ha dato quel nome a un così bell’ itinerario? mi sembrava un epitaffio alla labilità del Gigante e, come se mi avesse letto nel pensiero, disse: Se tu avessi conosciuto mio padre ti saresti accorto che i Catto-fascisti sono peggio dei Catto-comunisti ed io pensai che quelle due “maschere sociali” dagli analoghi interessi, avevano in comune soprattutto l’eccidio degli Agnelli a pasqua.
Nel firmamento della Storia Retica è stato la “stella” del decennio ’90, ma se dovessi paragonarlo ad altri perdisincanto e contrariata maestria, dovrei indicare l’eclettica misantropia di Terrence Malick per la cinematografia (Solo Games), il furore compositivo di Edgar Varése (per quelle solitarie alpine realizzate a vista), l’improvvisazione fulminea di Michail Baryšnikov (per le difficoltà elevate superate slegato sulle brevi pareti del fondovalle) e volendo per fisionomia del volto e dannazione crepuscolareanche a Sid Vicious [John Simon Ritchie, meglio noto come Sid Vicious (Londra, 10 maggio 1957 - New York, 2 febbraio 1979), bassista e cantante britannico, membro della band punk rock dei Sex Pistols].
Un Sid che ha rotto con lattine di birra vuote lo specchio di Dorian Grey, un gesto che forse avrebbe potuto liberare Oscar Wilde dai demoni che hanno ucciso Michel Basquiat.
Non è questione di elogi o paragoni spropositati, ci si deve arrendere al fatto che pezzetti d’individui significativi, nel tempo s’identificano o incarnano soprattutto in chi ha qualcosa in comune.
Certo in quel decennio c’è stato anche G.L Maspes “Rampichino”, il ragazzone omogeneizzato della “Sondrio da Bere”, un personaggio simpatico che in montagna ha fatto certamente salite carine, ma più simile ai Divi che agli Artisti dannati.
All’inizio di questo millennio, incontrai Paolo casualmente per la seconda volta con Monica, era un po’ assonnato davanti alla sua piccola baita al sole del mattino, e così ci fermammo a parlare. Da un aneddoto a un racconto scoprii che era un individuo singolare e se eravamo lì in quel momento, ciò era reso possibile dal fatto che i miei maltrattamenti di un tempo erano stati arsi dal fuoco dei suoi stati d’animo intellettivi. Quando ad un tratto si avvicinò una valligiana anziana che conosceva a menadito il nome delle pareti, più che ammirato rimasi stranito al cospetto d’un epoca nuova, in cui i valligiani citavano le pareti coi nomi dati dagli arrampicatori.
Non parlò mai di difficoltà, né delle sue salite, ma mi indicò uno spalto alberato altissimo che aveva arrampicato da solo e senza materiale, incuriosito dalla possibilità di percorrere leespostissime cenge dalle interruzioni sicuramente estreme che lo travagliavano. Ed io pensai, per chissà quale analogia, che forse impiegava più tempo ad osservare le evoluzioni dei Camosci in Arcanzo che a salire da solo alte e difficili pareti.
Dopo il 2000, mi telefonò un giorno per chiedermi di arrampicare con la sua ragazza in una notte di luna piena, non per romanticismo ma per realizzare la ripresa carica di “sospensione magnetica” di un filmato a cui teneva particolarmente e viceversa non avrebbe potuto terminare.
Se è vero che in modo meno “culturale” mi era già accaduto di fare una cosa simile sulle Corna di Medale assieme a poco “romantici” amici brianzoli, gli dissi comunque di no perché, reduce dalle riprese del film R.A.I sulla valle, ero tremendamente demotivato da una idiosincrasia nei confronti dei registi in generale, che si era praticamente avviluppata al mio temperamento sostanzialmente inobbediente.
Ci sono arrampicatori capaci… di stare alla ribalta, che sanno “far passare” come severe nord o difficili sud anche le salite meno impegnative, ed altri che, nel “silenzio del mondo”, esprimono in modo solare le salite delle pareti più controverse ed evitate perché rispetto alla ribalta sono volte a sudovest, in controluce.
Paolo è un ragazzo sudovest, simile alle pareti permeate da penombra, ma con il suo modo di salire crea “prove estreme” di “luce espressiva”.
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Petizione contro le centrali in Val di Mello
Occhi aperti sulla Val di Mello